LE REGOLE NELLA LITURGIA

 A cura della Redazione  –  21 aprile 2018

Le attuali regole della liturgia rinnovata, a differenza del passato, sono piuttosto libere e ognuno le gestisce con grande scioltezza. Come mai?  È opportuna questa libertà?

 

La normativa liturgica dovrebbe essere il più possibile precisa e ben determinata. Infatti, la Liturgia è il culto pubblico e ufficiale della Chiesa e in quanto tale deve essere oggettivo e rifuggire ogni deriva soggettiva.

La precisione rubricale all’interno dei libri liturgici conferisce identità a ciò che la Chiesa vuole celebrare, sia al cospetto della Maestà divina, sia davanti all’intero popolo cristiano. Infatti, sia l’eterno Padre si aspetta un culto conforme a quello che è offerto dal suo divin Figlio in indissolubile unione con la Chiesa sua sposa, sia tutta la Chiesa vuole unirsi non al culto privato e soggettivo di alcuni, ma a quel medesimo culto che esercita Cristo, suo capo, e Lei stessa, quale sua inclita sposa.

La dimensione soggettiva della preghiera privata di ciascuno dei fedeli presenti non deve esprimersi se non nel silenzio dei cuori in una partecipazione interiore, cosciente ed attiva, che fa proprio il culto esteriore e oggettivo celebrato dalla Chiesa. Anche la pietà personale di ognuno deve quindi adeguarsi con gioia e riconoscenza ai riti e alle preci che sono espressione pubblica e uff iciale della liturgia della Chiesa: “per ritus et preces” (SC48) deve essere il passaggio obbligato di ogni fedele, che interviene alla celebrazione della sacra liturgia. È in tal senso necessaria la distinzione tra il culto pubblico della liturgia e quello privato della preghiera personale.

Di fatto tuttavia si deve riconoscere che il novus ordo ha assunto una notevole libertà nelle rubriche con modalità precedentemente non previste. In particolare si concedono delle opzioni diverse che possiamo riassumere in questo modo

1.  La possibilità di scelta tra diverse formule già stabilite (es. le formule del saluto iniziale, del congedo e l’introduzione al Pater).

2.  I testi delle varie monizioni brevi con possibilità di riformularle liberamente con altre parole e concetti simili.

3.  Vari altri momenti del rito nei quali è consentito al ministro sacro intervenire con brevi parole.

4.  Gli eccessivi opzional nelle parti di un rito.

Questa impostazione voleva certamente aiutare i fedeli a rendere più intellegibile il significato dei vari passaggi rituali, più varie le formule e favorire il processo di inculturazione. Tuttavia, nella pratica concreta, tali interventi hanno finito per travolgere il rito con una colluvie eccessiva e talvolta impropria di parole umane, infarcendo in modo pesante la nobile semplicità del rito, la sua eloquenza e l’equilibrio delle sue parti.

Il Concilio Tridentino adottò esattamente il metodo opposto: dovendo risanare l’eccessiva libertà del la pratica liturgica dell’epoca e soprattutto difenderla dall’eresia imperante, stabilì un apparato rigoroso di rubriche in modo da richiudere la liturgia cattolica in una corazza sicura e impenetrabile. In realtà in questo modo il Tridentino salvò la tradizione liturgica e la trasmise integra fino a noi.

L’attuale libertà liturgica viene giustificata da motivi pastorali che consentano una maggior flessibilità per adattarsi alle diverse situazioni in cui si celebra. Tuttavia estremizzando questo scopo si è dimenticato che non basta favorire la comprensione dei riti fino a perderne l’identità, ma occorre al contempo elevare i fedeli alle esigenze della liturgia, introducendoli gradualmente a celebrare senza ridurre o alterare i contenuti e le forme dei riti stessi, che non possono mai scadere a tal punto da perdere la sostanza stessa del mistero che devono trasmettere.

Il pericolo di una celebrazione fredda e puramente rubricale è attuale oggi come nel passato. Infatti sia il latino, sia la lingua parlata non esonerano il sacerdote e i fedeli dallo sforzo di una partecipazione interiore e spirituale. Non è certo la maggior libertà rubricale né l’uso del volgare a provocare automaticamente la partecipazione pia, cosciente e interiormente attiva dei sacerdoti e dei fedeli. Questo deve essere affermato in quanto i Santi di tutti i tempi hanno sempre celebrato con grande pietà al di là di ogni forma esteriore in cui la liturgia era prevista.

Se un auspicio si deve fare è che si ritorni a maggior rigorosità rubricale, eliminando con coraggio monizioni e spazi di libero intervento, facendo emergere il genio delle preci e dei gesti propri della liturgia senza indulgere a logoranti chiose e fastidiosi rifacimenti.

 

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