IL CORPO DI CRISTO IN BORSETTA?  LA COMUNIONE DOVE E QUANDO VUOI?

DON ENRICO FINOTTI

Articolo pubblicato su Aleteia

La migliore risoluzione del problema posto sta nel ricordare gli orientamenti liturgici basilari, che regolano la recezione del Santissimo Sacramento. Su queste indicazioni si potrà verificare la legittimità o l’abuso delle varie prassi invalse nella vita concreta delle comunità cristiane.

 1      La Comunione nella Messa

La comunione sacramentale al Corpo (e Sangue) di Cristo è parte integrante della celebrazione del Sacrificio eucaristico. Infatti, essa costituisce il terzo dei gesti compiuti dal Signore nella istituzione della santissima Eucaristia:

prese il pane (i riti della presentazione delle offerte);

disse la preghiera di benedizione (la prece eucaristica);

lo diede ai suoi discepoli (i riti di comunione).

Perciò: “Poiché la celebrazione eucaristica è un convito pasquale, conviene che, secondo il comando del Signore, i fedeli ben disposti ricevano il suo Corpo e il suo Sangue come cibo spirituale. A questo mirano la frazione del pane e gli altri riti preparatori, che dispongono immediatamente i fedeli alla Comunione” (OGMR n. 80).

L’Ordinamento Generale del Messale Romano (2000) mette in luce due elementi:

– la comunione sacramentale nella Messa é quanto mai conveniente per la piena partecipazione al Sacrificio divino, tuttavia non è assolutamente necessaria;

– i fedeli devono essere ben disposti, ossia in stato di grazia santificante e in atteggiamento interiore ed esteriore cosciente, retto e devoto.

Quindi il modo ordinario di ricevere la santa Comunione è all’interno della celebrazione eucaristica.

 2      La Comunione fuori della Messa in chiesa

 Nel caso di impossibilità a partecipare alla S. Messa i fedeli possono chiedere di ricevere il Corpo di Cristo fuori di essa, secondo il Rito della comunione fuori della Messa e culto eucaristico (1979). I sacerdoti devono assicurare che questo servizio avvenga nel dovuto equilibrio e in modo conforme alle norme liturgiche, valutandone l’opportunità e in tal caso assecondando con generosità il legittimo desiderio dei fedeli.

Nelle grandi chiese e nei santuari ad alta frequenza di pellegrini e visitatori si potranno stabilire orari specifici in cappelle adatte a questo scopo.  

Comunque non si dovrà mai rifiutare o scoraggiare per principio questo servizio, ma, con intuito pastorale, saper educare i fedeli al retto uso di questa possibilità.

 3      La Comunione fuori della Messa in casa

Fin dai primi secoli cristiani la Comunione agli assenti fu praticata come normale servizio liturgico, soprattutto domenicale. La prassi è testimoniata fin dal II secolo da S. Giustino martire[1].

I vigenti libri liturgici prevedono i ministri a ciò deputati e stabiliscono le norme opportune.

Riguardo ai ministri:

1.  Ministri ordinari sono soltanto i ministri sacri (vescovo, presbitero e diacono), che mediante il sacramento dell’Ordine, sono consacrati per agire in persona Christi: il dare la comunione è infatti un gesto sacro proprio di Cristo sommo sacerdote.

2.  Ministri straordinari sono gli Accoliti istituiti e, in loro assenza, i ministri straordinari della Comunione.

3.  I ministri straordinari, durante la Messa, ricevono sempre dal ministro ordinario il santissimo Sacramento e non è lecito, né al ministro straordinario, né ai fedeli assumere da sé stessi il Corpo di Cristo.

4.  Fuori della Messa è concesso al solo ministro straordinario prelevare il Sacramento dal tabernacolo e poi riportarlo. Nelle celebrazioni in assenza del ministro ordinato solo il ministro straordinario può autocomunicarsi e nessun altro.

Riguardo alle norme liturgiche:

1.  Il santissimo Sacramento si porta in una teca di metallo internamente dorata e deposta in un apposito astuccio di tessuto nobile, che il ministro tiene lodevolmente sul petto appendendolo al collo.

2.  Durante il tragitto dalla chiesa alla casa dell’infermo e poi nel ritorno (qualora avesse ancora con sé il Sacramento) il ministro non si dedicherà al altre attività, né sosterà a conversare con persone, ma, dato il saluto di cortesia a quelli che incontra, si recherà sollecito dagli infermi.

3.  Nella casa dell’infermo il Sacramento sarà deposto in luogo distinto, su una mensa rivestita dalla tovaglia bianca, con sopra la croce, i due ceri e l’acqua per l’abluzione. Il luogo, così allestito, in qualche modo rimanda all’altare sul quale la santissima Eucarestia è stata celebrata e dalla cui mensa è stata ricevuta.

4.  Il rito è quello stabilito dalla Chiesa nel rituale (Rito della Comunione eucaristica fuori della Messa e culto eucaristico). Altri pii esercizi possono preparare o prolungare il rito, ma non sostituirlo o alterarlo: la Comunione extra Missam è infatti un atto della Chiesa a cui il ministro deve servire con docile obbedienza e competenza.

5.  Non è lecito conservare il santissimo Sacramento in casa: né in previsione della comunione ai malati, né dopo di essa per una presunta impossibilità di riportarlo in chiesa, né per devozione personale.

 

 4      La comunione spirituale

 Si distingue tra comunione sacramentale (sacramentaliter) e comunione spirituale (spiritualiter). L’una e l’altra, se compiute nel modo dovuto, sortiscono i medesimi effetti spirituali.

Si riceve la comunione sacramentale quando fisicamente si riceve il santissimo Sacramento.

Si fa una vera comunione spirituale quando, per impossibilità fisica o morale, non si può ricevere il Sacramento, esprimendo tuttavia la ferma intenzione di riceverlo appena rimossi gli ostacoli.

Non c’è comunione sacramentale fruttuosa senza essere accompagnata da un’autentica comunione spirituale, mentre vi può essere una vera e fruttuosa comunione spirituale anche senza la comunione sacramentale.

I fedeli devono essere istruiti sulla comunione spirituale per due motivi:

– perché la comunione sacramentale sia degna (senza peccato grave) e intensamente fruttuosa in ordine alla santità;

– perché sappiano come attingere alla grazia eucaristica anche nelle circostanze nelle quali non possono fare la comunione sacramentale.

 5      Regola generale

E’ necessario attenersi rigorosamente a questi principi:

1.  Nel trattare la santissima Eucaristia bisogna assicurare sempre il culto di adorazione verso il santissimo Sacramento, quale Presenza vera, reale e sostanziale del Corpo di Cristo: nessuna ragione e nessuna circostanza possono mai dispensare i ministri e i fedeli dal ledere in qualsiasi modo il senso sacro della Presenza reale.

2.  Inoltre è necessario aver la massima cura affinché la recezione del santissimo Sacramento sia fruttuosa in ordine alla grazia per ogni comunicando.

3.  Adorazione e fruttuosità sono dunque i due termini necessari di verifica per valutare la validità di ogni uso invalso nel dare e ricevere la santa Comunione. Tutto ciò che dovesse in qualche modo offendere o ridurre l’adorazione verso il Sacramento o impedire la recezione fruttuosa in ordine alla grazia nei fedeli deve essere decisamente corretto o del tutto evitato.

4. Non è quindi lecito urgere la Comunione a tutti i costi, a chiunque, in qualsiasi momento, modo, luogo e circostanza, senza discernimento, ma è necessario che la Comunione sia amministrata in un contesto di adorazione davanti al mistero ineffabile e in un clima di devozione che favorisca i frutti di santità nel cuore dei fedeli. La prima è profanazione e motivo di condanna (1 Cor 11, 28), la seconda è glorificazione e anticipo di vita eterna.

 

Già Agostino aveva detto: “

…nemo autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit; […] peccemus non adorando – Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla; […] peccheremmo se non la adorassimo

(cfr Enarr. in Ps 98,9 CCL XXXIX 1385). 

 

[1] CCC, n. 1345: […] Dopo che il preposto ha fatto il rendimento di grazie e tutto il popolo ha acclamato, quelli che noi chiamiamo diaconi distribuiscono a ciascuno dei presenti il pane, il vino e l’acqua “eucaristizzati” e ne portano agli assenti.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.