IL MISTERO DELLE TEMPORA – seconda parte

da “LITURGIA CULMEN ET FONS”  n. 2  – 2019

Come nelle feste dell’anno liturgico la Chiesa contempla le fasi della nostra redenzione e dà lode al Padre in Cristo nostro Redentore, così nei giorni delle Tempora la Chiesa contempla l’opera mirabile della creazione e dà lode a Dio, uno e trino, nostro Creatore.

Il mistero celebrato nelle Tempora, dunque, é il mistero di Dio «creatore del cielo e della terra», contemplato nello splendore del creato e nell’avvicendarsi dei tempi e delle stagioni.

Nei giorni delle Tempora l’uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, é indotto dalla liturgia a contemplare la bellezza delle creature e in esse riconoscere con gratitudine l’esistenza, la grandezza e l’infinita sapienza del loro Creatore. Le Tempora offrono allo sguardo dei fedeli la via naturale ed ordinaria che innalza dalle cose visibili e contingenti a quelle invisibili ed eterne.

Possiamo considerare ulteriori e importanti aspetti più specifici.

  1. La creazione «riflesso» del Creatore

La creazione é un mirabile scenario dell’opera creatrice, scaturita dalla insondabile mente divina: é il locus theologicus proprio della teologia naturale. Afferma, infatti, il Catechismo della Chiesa cattolica: «Il nostri Simbolo incomincia con la creazione del cielo e della terra, perché la creazione é l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio» (CCC, n. 198.)

Nelle Tempora la Chiesa si rivolge ai suoi figli con le parole forti che la madre dei fratelli Maccabei disse ai suoi figli in procinto del loro martirio: «Contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi. Dio li ha fatti dal nulla» (2 Mac 7, 28).

Le Tempora suscitano interrogativi fondamentali e imprescindibili per ogni uomo: «Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato quegli astri? » (Is 40,26). Ma, dopo la contemplazione stupita ed inesauribile del creato, la Chiesa non lascia i suoi figli senza risposta, ma conclude con un monito conseguente alla ragione e necessario per la salvezza: «Alzate, dunque, gli occhi al cielo e, vedendo il sole, la luna, le stelle e tutti gli astri del cielo, adorate il Creatore» (Dt 4,19).

Le Tempora mettono in luce i praeambula fidei, componendo insieme in modo distinto e indissolubile l’unica economia divina nei suoi due aspetti fondamentali: creazione e redenzione, natura e grazia, ragione e fede. Come la grazia suppone la natura e la fede suppone la ragione, così la redenzione suppone la creazione, senza la quale viene a mancare l’oggetto stesso della redenzione. Dio stesso, che nella pienezza dei tempi inviò il suo divin Figlio a redimere il genere umano dal peccato, presuppone nell’uomo la percezione religiosa naturale e la capacità razionale di cogliere l’esistenza di Dio e dei suoi principali attributi, dono mirabile che Dio diede all’uomo fin dal principio quando «soffiò nelle sue narici un alito di vita» (Gn 2,7).

Le Tempora sono occasioni propizie per ristabilire e rinsaldare nella cultura umana da un lato l’esistenza della lex naturalis, quale indizio certo per conoscere, nella misura consentita alla creatura, l’essere e la volontà divina del Creatore e l’identità e finalità propria di ogni creatura; dall’altro per dimostrare e confermare la validità e la certezza della razionalità umana, quale organo per cogliere la verità oggettiva delle cose, non solo sul piano scientifico, ma anche su quello metafisico della philosophia perennis. Infatti afferma la sacra Scrittura: « dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore» (Sp 13,5) e l’Apostolo riprende con chiarezza: « …poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità» (Rm 1, 19-20).

La Chiesa, tuttavia, sa che solo mediante la Rivelazione soprannaturale gli uomini potranno cogliere «facilmente, con assoluta certezza e senza alcun errore »[1] il contenuto vero e pieno, sia dei principi primi della philosophia perennis, sia dei dati inconfutabili della lex naturalis, riflesso della legge divina, inscritta da Dio in ogni essere creato, e sa che solo con l’intervento della grazia sarà possibile all’uomo l’uso retto della ratio, oscurata certo dal peccato, ma sempre dono unico e sublime che il Creatore ha dato all’uomo quale re del creato.

  1. La creazione «lode» al Creatore

La creazione é un immenso canto di lode al Creatore, una liturgia cosmica: «I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento» (Sal 18,1); « Il sole mentre appare nel suo sorgere proclama: “Che meraviglia è l’opera dell’Altissimo!” Grande è il Signore che l’ha creato!» (Sir 43, 2.5). «Le stelle brillano dalle loro vedette e gioiscono; egli le chiama e rispondono “Eccoci! “ e brillano di gioia per Colui che le ha create» (Bar 3, 32b-35).

Le Tempora assolvono in modo esplicito a quel mandato liturgico che Dio affidò all’uomo fin dal principio: essere la voce di ogni creatura nella lode perenne al Creatore. L’intero creato é consegnato da Dio all’uomo perché l’uomo, possa esercitare il suo «sacerdozio» nell’offerta grata e lieta di tutto ciò che esiste per la gloria di Dio. La glorificazione di Dio é il fine ultimo e sublime della creazione e l’uomo ne é l’interprete accreditato da Dio, mediante il lume della ragione elevata dalla grazia. Il canto del Benedicite (Dn 3, 57-88), elemento antico e costante nella liturgia delle Tempora, esprime in modo eloquente il ruolo «sacerdotale» dell’uomo, che interpreta e dà voce ad ogni creatura nell’esercizio liturgico della lode divina: «Benedite, opere tutte del Signore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli» .

  1. La creazione «sapienza» del Creatore

La creazione é un sublime progetto di sapienza divina inscritta nelle creature per la gloria di Dio e la felicità dell’uomo, una via al cielo secondo l’ordine morale oggettivo, riflesso della legge eterna ed immutabile, che é Dio stesso nel suo essere ineffabile. Le Tempora richiamano il popolo di Dio al rispetto intelligente e docile della lex naturalis per la retta gestione del creato, secondo il monito divino: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra […] e dominate si ogni essere vivente» (Gn 1,28), trattando ogni cosa nell’obbedienza alla divina volontà e nel rispetto delle leggi di Dio, consci che «la legge del Signore é perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore é verace, rende saggio il semplice. Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore; i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi» (Sal 18,8-9). La Chiesa, infatti, prega affinché «usiamo con saggezza le cose della terra nella continua ricerca dei beni del cielo».

Nelle Tempora il Signore stesso pone già fin d’ora l’uomo davanti alla sua responsabile scelta conforme o difforme dalla volontà di Colui che ha dato una precisa forma e finalità ad ogni sua creatura. Per questo risuona nelle Tempora il grido dell’angelo dell’apocalisse: «Temete Dio e dategli gloria, perché é giunta l’ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque» (Ap 14, 7). E il giudizio é questo: «Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio e dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l’artefice, pur considerandone le opere» (Sp 13, 1) e l’Apostolo poi completa: «…essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa» (Rm 1,21).

Le Tempora sono perciò appuntamenti importanti per una vera educazione ecologica che ha le sue basi imprescindibili nelle leggi divine impresse in ogni creatura e nella finalità ultima di ogni essere: la gloria di Dio e l’eterna salvezza dei suoi figli.

  1. La creazione «geme e soffre nelle doglie del parto»

L’antica tradizione celebra le Tempora unite al digiuno che richiama alla realtà del peccato che ha debilitato ed oscurato tutta la creazione la quale «geme e soffre nelle doglie del parto» (Rm 8,22). Il cristiano sa che la creazione deve subire una misteriosa trasformazione che richiede continua purificazione, mediante la penitenza e i sacramenti. Le Tempora perciò sono contenute in una sobria esultanza, come sa l’uomo peccatore che sperimenta la fragilità del presente stato, che esige l’intervento misericordioso del Redentore. In tal senso le Tempora sono una festa velata, che, conscia della drammaticità e degli effetti del peccato, attende nel gemito penitenziale e sotto la tutela dei sacramenti la rigenerazione dei figli di Dio e i cieli nuovi e la terra nuova annunziati dalle sacre Scritture. Dopo il peccato originale l’uomo deve stare nel creato con l’abito penitenziale, munito dalle armi spirituali dei sacramenti e degli esorcismi per combattere contro il principe di questo mondo. L’abolizione del digiuno ha incrinato questo aspetto importante e costante nei secoli e potrebbe indurre ad una visione naturalistica del creato ridotto alla esclusiva dimensione fenomenologica senza apertura alla trascendenza e senza percezione della ferita dovuta all’antica disobbedienza. Il digiuno e il carattere penitenziale della liturgia espressi col reiterato Flectamus genua e il colore violaceo assicurano ai fedeli un approccio giusto con la creazione, conforme al dogma della fede, in modo che nell’esultanza della contemplazione delle opere di Dio e nell’accoglienza grata dei suoi inestimabili doni, non manchi mai quella prudenza di fede e quel realismo esperienziale che conosce le insidie di un mondo creato da Dio buono, ma insidiato dal maligno a causa del peccato e che attende perciò la sua restaurazione in Cristo.

Da queste brevi considerazioni teologiche si può cogliere quanto sia opportuna e urgente una adeguata ripresa della celebrazione liturgica delle Tempora. Si tratta di scongiurare gravi errori filosofici e dottrinali, ecologici e politici nell’interpretazione della natura e del ruolo della creazione nel rapporto con Dio e con la vita degli uomini.

Le Tempora illuminate dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione e dal magistero secolare della Chiesa, devono difendere e conservare nel popolo cristiano l’equilibrio delle verità rivelate e della retta ragione: la bontà sostanziale di ogni creatura: «E Dio vide che era cosa buona» (cfr. Gen 1); il rapporto tra immanenza e trascendenza; il valore certo della ragione e della metafisica; il rispetto del legge divina naturale in rapporto col diritto umano positivo; la vera ecologia inscritta nell’orizzonte del primato dell’uomo e della intrinseca finalità di ogni essere alla gloria di Dio; i due ordini distinti e connessi della natura e della grazia, del temporale e dell’eterno; la precarietà e transitorietà del creato e i limiti della razionalità in rapporto alla realtà del peccato originale; la necessità della penitenza e della grazia in ordine alla salvezza.

Ed ecco che le Tempora attestano nei quattro snodi cosmici dell’anno solare: che la creazione é ‘scala’ per salire al Dio invisibile; canto di lode a Colui che ha fatto cielo e terra; norma sapiente per un progetto di autentica felicità; che tuttavia richiede l’umiltà del penitente e il soccorso della grazia. Teologia, liturgia, morale e ascetica concorrono insieme per l’edificazione del popolo di Dio, che dovrebbe riscoprire con rinnovato vigore la celebrazione delle Tempora.

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Per la proposta celebrativa delle “tempora” si rimanda alla copia cartacea della rivista

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Alcune osservazioni sono indispensabili:

– nel Messale vigente é scomparsa una liturgia completa relativa alle Tempora, ma sono suggeriti alcuni elementi da inserire nella liturgia del giorno corrente (formulari per la preghiera dei fedeli, alcune benedizioni specifiche e la possibilità di una Messa ad diversa nei tempi consentiti): una liturgia propria darebbe maggior spessore al mistero delle Tempora ed offrirebbe adeguati contenuti per una opportuna catechesi in merito;

– la celebrazione tradizionale estesa in tre giorni sembra poco realizzabile per la normale comunità cristiana, soprattutto nei tempi di Avvento e Quaresima, già pregni di specifici contenuti e gravati dalle Statio del mercoledì e del venerdì;

– una celebrazione, tipica e solenne, nel giovedì delle Tempora, invece, consentirebbe di rispettare i riti stazionali del mercoledì e venerdì di Avvento e Quaresima, e potrebbe essere più incisiva ed efficace nei fedeli;

– la forma di una Statio, sembra essere alquanto conveniente: i fedeli si radunano in un luogo di colletta per il rito iniziale, segue la processione e la Messa delle Tempora;

– l’invito ad un digiuno accompagnatorio, da compiere il giorno stesso in preparazione alla celebrazione, riprenderebbe una disciplina importante e costante delle Tempora.

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[1] CONCILIO VATICANO I, Costituzione dogmatica Dei Filius, cap. II.

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