LA CELEBRAZIONE DELLA QUARESIMA

Via Crucis con papa Benedetto XVI

 

 

don Enrico Finotti

 

Come per gli altri tempi liturgici viene proposta qui una celebrazione ampia e completa dei riti quaresimali.

Si propongono inoltre altre integrazioni rituali che ne esplicano i contenuti, talvolta impliciti, e caratterizzano ulteriormente la Quaresima.

  1. Le celebrazioni della Quaresima
  2. Il Mercoledì delle Ceneri

La celebrazione del Mercoledì delle Ceneri assume particolare incidenza pastorale quando è preceduta dalla procession penitenziale, secondo l’antica tradizione della liturgia romana. In tal modo l’inizio della Quaresima assume un carattere pubblico e sociale, come richiede la natura del tempo.

Il rito si svolge in questo modo:

– La comunità si raduna presso una chiesa succursale o in un altro luogo e di lì si dirige verso la chiesa parrocchiale.

Il sacerdote, rivestito col piviale violaceo, precede il popolo portando lui stesso la croce penitenziale senza ceri.

– Durante la processione si cantano le litanie dei Santi.

– Giunti nella chiesa parrocchiale, il sacerdote pone la croce nel ceppo predisposto e, concluse le litanie, dice l’orazione.

– Poi, deposto il piviale e indossata la casula violacea, mentre il coro e l’assemblea cantano il “Kyrie eleison”, venera l’altare col bacio e l’eventuale incensazione. Poi si reca alla sede e pronunzia la colletta della Messa.

Al posto della Messa si potrà fare la sola liturgia della Parola, soprattutto se, assente il sacerdote, presiede un ministro straordinario della liturgia, secondo le direttive dell’ufficio liturgico diocesano.

Per imporre le ceneri, qualora manchino altri sacerdoti o diaconi, il sacerdote potrà associare a sè i ministri straordinari dell’Eucaristia, che riceveranno le ceneri benedette dal sacerdote e nell’imporle diranno la formula liturgica stabilita.

E’ bene che le ceneri siano imposte anche ai malati che lo desiderano, recandosi nella loro casa, mediante il servizio dei ministri straordinari dell’Eucaristia. Conviene che l’imposizione delle Ceneri agli infermi avvenga in conseguenza della celebrazione parrocchiale. Per questo si potrà imporre loro le ceneri anche nei giorni immediatamente seguenti al Mercoledì delle Ceneri.

La celebrazione delle ceneri avviene nel clima di digiuno e astinenza, che coinvolge tutto il primo giorno dela Quaresima.

1. Le domeniche di Quaresima

Grande importanza assumono le domeniche di Quaresima. In esse si svolge la parte più intensa e caratteristica dell’itinerario catecumenale, che mentre prepara i catecumeni ai sacramenti pasquali, rinvigorisce l’adesione di fede e la vita della grazia di tutto il popolo di Dio.

La Messa principale delle singole domeniche sottolinea con riti tipici i tre aspetti fondamentali del mistero quaresimale:

la penitenza, il catecumenato battesimale, la croce.

Infatti:

*       Nei riti di inizio l’atto penitenziale è celebrato in forma più ampia e, arricchito da brevi inviti biblici, tien desto il cammino penitenziale della Chiesa.

*       Dopo l’omelia, in ciascuna domenica si celebra uno dei classici riti catecumenali desunti dal Rito della iniziazione cristiana degli adulti e inseriti nel contesto del lezionario di quella domenica.

–        Nella prima domenica di Quaresima, a conclusione della preghiera universale, si pronunzia un’orazione di esorcismo sul popolo. Il vangelo delle tentazioni del Signore inducono la Chiesa a difendere i suoi figli nel tempo della lotta contro il Maligno, la Quaresima.

–        Nella seconda domenica di Quaresima, a conclusione della preghiera universale, si pronunzia una orazione per l’apertura dell’udito spirituale (Effatà). Il vangelo della trasfigurazione del Signore, nel quale il Padre ci invita ad ascoltare il suo Figlio prediletto, induce la Chiesa ad aprire la mente e il cuore dei suoi figli all’ascolto della Parola di Dio nel tempo favorevole della Quaresima.

Libera dall’influsso del Maligno e disposta all’ascolto di Dio che parla, la Chiesa nelle successive 3a 4a e 5a domenica procede alle “consegne”, mediante le quali dà ai catecumeni adulti, e ridona simbolicamente a tutto il popolo di Dio gli elementi basilari del cristiano:

         il Credo, cosa dobbiamo credere (lex credendi);

         la Padre nostro, come dobbiamo pregare (lex orandi);

         le Beatitudini, come si deve vivere (lex vivendi).

Questi riti, offerti in apposito sussidio, potranno essere principalmente rivolti a coloro che in qualche modo devono ancora completare l’iniziazione cristiana e per questo sono vicini alla situazione dei catecumeni: i bambini della prima Riconciliazione, i bambini della prima Comunione, i ragazzi della Confermazione. Queste tre categorie di cristiani potrebbero essere chiamati nelle rispettive III, IV e V domenica di Quaresima a ricevere dal sacerdote il testo del Credo, del Padre nostro e delle Beatitudini evangeliche.

Siccome le “consegne” sono rivolte anche a tutta la comunità, queste tre domeniche e le loro relative settimane potranno essere dedicate alla diffusione nelle famiglie del catechismo, del libro di preghiera e del crocifisso.

In particolare la consegna del crocifisso nella V domenica si intona col carattere liturgico della V settimana improntata, nel lezionario e nell’eucologia, sulla passione del Signore.

Le tre consegne, con la conseguente distribuzione nelle comunità del catechismo, del libro di preghiera e del crocifisso, fanno sì che non manchino nelle famiglie cristiane gli strumenti fondamentali per conoscere e alimentare la fede e per proclamarla, anche col segno visibile del crocifisso appeso alle pareti di ogni casa.

*        Conclusa l’orazione dopo la Comunione vi è l’atto di venerazione alla santa Croce, che esprime il terzo aspetto del mistero quaresimale, seguire il Cristo sulla via della Croce.211 

Presso la croce penitenziale che domina l’assemblea nel tempo di Quaresima, il sacerdote proclama alcune brevi profezie evangeliche con le quali il Signore annunzia la sua passione. In particolare nella III, IV e V domenica si leggono i tre successivi annunzi della passione come sono riportati nei vangeli sinottici.

Anche la graduale velazione delle immagini in connessione con i tre annunzi della morte e risurrezione del Signore , potrebbe aiutare ad entrare nel clima liturgico della Passione ormai imminente.212

2. La Messa feriale di Quaresima

La Messa feriale, come quella domenicale, potrà evidenziare i tre momenti tipici del mistero quaresimale: un più ampio atto penitenziale, una breve omelia sul lezionario feriale, la visita alla croce nei riti di congedo.

In tal modo ogni giorno l’itinerario quaresimale potrà essere celebrato nella completezza dei suoi aspetti essenziali: la penitenza, il catecumenato, la passione.

Occorre ricordare che storicamente le Messe feriali della Quaresima sono dotate di formulario proprio fin dall’epoca classica della liturgia romana e ogni giorno era convocata l’assemblea liturgica per la stazione in una delle chiese dell’Urbe secondo un itinerario indicato nel messale romano fino alla recente riforma liturgica.

La celebrazione della Messa feriale con opportuna omelia si inserisce quindi in continuità con la tradizione delle stazioni quaresimali romane quotidiane.

3. I mercoledì di Quaresima

Fin dall’epoca subapostolica si ha notizia dell’importanza dei due giorni settimanali del mercoledì e del venerdì.

I cristiani li scelgono come giorni di penitenza e di digiuno, a differenza degli Ebrei, che già avevano il lunedì e il giovedì.

Anche gli eventi della passione del Signore, il tradimento (mercoledì) e la morte (venerdì), sembrano influire sulla scelta di questi giorni.

In essi, prima come esercizio privato e facoltativo, poi in forma comunitaria e pubblica, la Chiesa convoca l’assemblea liturgica, inizialmente solo per l’ascolto della Parola e in seguito anche per la celebrazione eucaristica.

Questi due giorni sono chiamati “stazioni”, sia perché in quei giorni i cristiani sospendono il lavoro per dedicarsi alla preghiera, alla penitenza, al digiuno e alla catechesi, sia perché si raccolgono in una determinata chiesa per la celebrazione, la chiesa di stazione.

La forma rituale più completa della celebrazione stazionale prevede il raduno della comunità nella chiesa di colletta (di raccolta), la processione penitenziale col canto della litania verso la chiesa di stazione (di fermata), la liturgia della Parola o anche eucaristica nella chiesa stazionale.

Ancor oggi il Papa celebra una simile stazione il Mercoledì delle Ceneri sull’Avventino, partendo dalla chiesa di s. Anselmo verso la basilica di s. Sabina.213

Negli ultimi secoli l’antica stazione del mercoledì si evolve principalmente nel “Quaresimale”,214 che si riduce alla predicazione quaresimale straordinaria, preceduta dal “Miserere” (Sl 50) . Questa forma ha caratterizzato la quaresima delle nostre parrocchie fino a non molti anni fa.

In questo quadro storico si intende proporre la celebrazione quaresimale del mercoledì, proponendo un rito che assuma in sé la migliore tradizione liturgica nel contesto della liturgia rinnovata.

Struttura del rito:

– La processione penitenziale: il sacerdote portando la croce penitenziale guida la processione durante la quale si cantano le litanie dei Santi. Se non si fa la processione il rito inizia con le litanie dei Santi mentre i ministri e l’assemblea stanno in ginocchio.

– La liturgia della Parola: il lezionario proposto è pensato in relazione e a commento della liturgia della Parola della domenica precedente, in tal modo che i grandi temi delle domeniche e dei riti catecumenali in esse celebrati vengano ulteriormente approfonditi e meditati nella settimana.

Il lezionario dei cinque mercoledì di Quaresima è composto su queste tematiche:

1       La conversione e la penitenza

2       L’ascolto di Dio che parla

3       La fede della Chiesa

4       La preghiera dei figli di Dio

5       Le opere della vita cristiana

Segue l’omelia e il silenzio meditativo.

 – Canto del salmo 50 “Miserere”: tutta l’assemblea in ginocchio canta il salmo 50 , che rappresenta il vertice della celebrazione. Infatti l’ascolto della Parola di Dio chiama al pentimento e alla conversione.

 – Preghiera di esorcismo: nei riti di congedo il sacerdote pronunzia sul popolo uno degli esorcismi previsti nel Rito della iniziazione cristiana degli adulti per sostenere i fedeli nella lotta contro il Male.

La celebrazione è caratterizzata dall’Evangeliario aperto, simbolo di Cristo Maestro, posto su apposito sostegno sulla mensa dell’altare con ai lati i ceri accesi.

E’ conveniente che nei mercoledì di Quaresima la s. Messa sia celebrata al mattino per consentire alla sera la celebrazione solenne della “stazione quaresimale” con la partecipazione di tutta la comunità parrocchiale.

4. I venerdì di Quaresima

Tutto ciò che si è detto per il mercoledì vale anche per il venerdì, secondo giorno stazionale della settimana.

Tuttavia i venerdì di Quaresima sono consacrati dalla tradizione alla celebrazione del pio esercizio della “via crucis”, tanto conforme alla pietà e al genio popolare. Si ritiene ormai pastoralmente acquisita questa tradizione, ricca di frutti spirituali e universalmente amata dal popolo cristiano. Per questo si incoraggia la celebrazione nei venerdì di quaresima della “via crucis” e la si propone in ogni parrocchia come l’atto pastoralmente più rilevante di questo giorno.

E’ necessario che il pio esercizio della “via crucis” mantenga la sua struttura essenziale per non perdere la sua identità. Per questo occorre conservare le 14 stazioni e assicurare nella celebrazione un minimo di movimento processionale: almeno il sacerdote, portando la croce penitenziale, si rechi presso le stazioni. Conviene che lo stesso sacerdote presidente porti la croce, rappresentando lui il Signore nell’assemblea radunata.215 

Ogni stazione dovrebbe, almeno nella celebrazione pubblica e comunitaria, essere composta in tre parti: il fatto, tolto dalla Sacra Scrittura; la meditazione, tolta dagli scrittori ecclesiastici o anche composta per le varie situazioni; la preghiera, possibilmente litanica per coinvolgere l’assemblea. Questi tre elementi conviene siano brevi ed incisivi.

Pur essendo possibili diversi generi di acclamazioni tra una stazione e l’altra, tuttavia non si abbandoni completamente la sequenza “Stabat Mater” per consentire che i fedeli abbiano in comune con tutta la Chiesa un minimo di repertorio in occasione delle celebrazioni giubilari in Roma e dei pellegrinaggi ai grandi santuari internazionali.

Nel tempo di Quaresima non si canta l’Alleluia e tutto è orientato verso l’attesa della Pasqua. Per questo non è conforme allo spirito liturgico del tempo aggiungere una XV stazione, che contempla la risurrezione. Sarà invece opportuno che l’orazione terminale della “via crucis” non dimentichi mai il riferimento alla risurrezione come glorioso epilogo della passione e morte del Signore.

Anzicchè moltiplicare nei venerdì di Quaresima più celebrazioni della “via crucis”, sarebbe forse più opportuno una celebrazione solenne di tutta la comunità con la presenza dei ministri, del coro e delle altre realtà pastorali. Per facilitare questa celebrazione corale sarà conveniente che nei venerdì di quaresima la messa sia celebrata al mattino.

In tal modo le due stazioni del mercoledì e del venerdì rappresentano un’occasione forte nell’impegno spirituale della Quaresima e danno una connotazione singolare e comunitaria al cammino quaresimale.

5. La celebrazione penitenziale al termine della Quaresima

Secondo le indicazioni della Chiesa, fondate sull’antica tradizione della riconciliazione dei penitenti pubblici che avveniva il Giovedì santo, si propone una solenne liturgia penitenziale da celebrare verso il termine della Quaresima.

Si indica come giorno opportuno il venerdì precedente la Domenica delle palme, per consentire alla comunità cristiana di portare a compimento la purificazione quaresimale e predisporre i fedeli a celebrare con frutto il sacramento della Riconciliazione e così entrare degnamente nella Settimana santa.

Infatti, il Giovedì santo e le altre ferie della Settimana santa sono già occupati da vari e intensi riti, in particolare in quelle parrocchie dove si celebrano le sacre Quarantore.

La celebrazione, introdotta da un atto penitenziale, prevede il canto di alcune parti dei sette salmi penitenziali, intercalati da brevi letture della Parola di Dio e conclusi ognuno dall’orazione salmica.

Dopo l’omelia, mediante la quale i fedeli sono aiutati a fare l’esame di coscienza, vi sarà l’atto di venerazione alla santa croce, col quale l’assemblea si congeda dalla croce, che è stata la guida nell’itinerario quaresimale verso la Pasqua.

Conclusione

L’insieme delle celebrazioni quaresimali presenta perciò tre livelli:

  1. La celebrazione eucaristica principale delle domeniche.
  2. Le celebrazioni stazionali dei mercoledì e dei venerdì.
  3. La celebrazione eucaristica quotidiana.

Vi è così un’offerta varia ed abbondante per l’edificazione, a diversa intensità, delle comunità e dei singoli fedeli.

  1. L’ambiente liturgico nel tempo di Quaresima
  2. Aspetto penitenziale della chiesa

“In Quaresima non sono ammessi i fiori sull’altare e il suono degli strumenti è permesso soltanto per sostenere i canti, nel rispetto dell’indole penitenziale di questo tempo”216 

*       Il colore violaceo

Il colore liturgico proprio della quaresima è il violaceo.

Conviene che di questo colore siano non solo gli abiti sacri (stola, casula, piviale, tunicella, velo omerale), ma anche il conopeo del tabernacolo e dell’ambone, e altre eventuali stoffe che adornano il presbiterio e la chiesa.

*       L’assenza dei fiori

Anche l’assenza dei fiori costituisce un segno tipico della Quaresima. Sono permesse tuttavia piante verdi. Questa norma non è formalismo, ma uno strumento educativo, affinché i fedeli siano richiamati visivamente all’austerità del cuore, della mente e della vita in vista di una purificazione dello spirito, mediante la penitenza e la conversione.

L’assenza dei fiori richiama il deserto biblico, che riporta l’uomo all’essenzialità delle cose, richiama l’attenzione a ciò che ha valore e dispone alla verifica dei fondamenti stessi dell’esistenza umana e cristiana.

Occorre naturalmente condurre i fedeli dal segno al suo significato e continuamente educarli alla lettura spirituale del linguaggio simbolico previsto dalla liturgia, in vista della applicazione nella vita del messaggio che nei segni è offerto. E’ questo il compito della catechesi liturgica, che ripropone oggi l’antica mistagogia dei Padri: attraverso i riti e le preci avviene l’iniziazione al mistero.

E’ tuttavia necessario che l’austerità quaresimale sia un segno vero, motivato ed incisivo. Affinché sia vero, occorre che sia realizzato con determinazione e buon gusto. Perché sia incisivo, bisogna curare una reale assenza di fiori, che non ammette eccezioni in occasione di funerali, matrimoni o altre evenienze. I fiori che vengono portati in queste circostanze devono essere tolti dopo la celebrazione e trasferiti fuori dell’ambito della chiesa. Anzi sarà opportuno che i parroci spieghino per tempo ai fedeli il senso del segno dell’austerità quaresimale, li invitino alla sobrietà e li orientino a devolvere il denaro in opere di carità.

E’ tuttavia conveniente che una sobria presenza di fiori metta in evidenza la croce penitenziale nella seconda domenica di Quaresima, per dar espressione alla luce della risurrezione, che già risplende nella gloria della trasfigurazione.

Nella quarta domenica di quaresima, detta domenica “Laetare”, i fiori potranno adornare con misura l’altare della celebrazione per annunziare la gioia della Pasqua, ormai vicina. In questa domenica è bene indossare gli abiti color rosaceo e far gustare all’assemblea la letizia della Pasqua imminente, anche col suono dell’organo.

*       L’assenza del suono dell’organo

Nel tempo di Quaresima il suono dell’organo e degli altri strumenti musicali ammessi deve solo accompagnare il canto. Non si suona quindi l’organo prima e dopo la celebrazione, né si fanno preludi entro la celebrazione stessa.

Questa disposizione potrà sembrare limitativa, tuttavia, senza questi accorgimenti, osservati con fedeltà, il segno dell’assenza del suono dell’organo sarà inefficace, e non sarà percepito dalla comunità.

Conviene far sì che questa sobrietà musicale vi sia anche fuori delle celebrazioni liturgiche, evitando in questo tempo, in chiesa, concerti, manifestazioni e uso dell’organo e degli strumenti musicali non consoni con lo spirito quaresimale.

Infatti la chiesa deve aiutare ad entrare nel mistero del tempo anche il fedele che vi si reca da solo per la preghiera e la meditazione personale nel corso della giornata.

Si informino debitamente i fedeli che in Quaresima dovessero celebrare particolari eventi di gioia, come il matrimonio o altri anniversari, di rispettare con prudenza e carità il clima liturgico che sta vivendo la Chiesa.

“Il rito si attenga alla sobrietà esteriore, dovuta alla particolare natura del tempo liturgico, e ad essa vengano pure invitati gli sposi e i fedeli presenti”.217 

*       La velazione delle immagini

“L’uso di coprire le croci e le immagini nella chiesa dalla domenica V di Quaresima può essere conservato secondo il giudizio della conferenza episcopale. Le croci rimangono coperte fino al termine della celebrazione della passione del Signore il Venerdì santo; le immagini fino all’inizio della veglia pasquale”.218 

Secondo la decisione della conferenza episcopale del triveneto è lasciato alla discrezione di ogni parroco l’applicazione di questa tradizione.219

Se la chiesa si adatta e lo si vede utile, si potrà riprendere questo costume, nel modo tradizionale o anche con una certa libertà ispirandosi all’uso antico e ad altri riti.220 

Il rito ambrosiano, ad esempio, non prevedeva mai la copertura delle croci, e la velazione delle immagini veniva fatta già con la prima domenica di Quaresima.221 

In tale prospettiva, nelle chiese con un certo numero di altari laterali, si potrebbe pensare ad una velazione graduale delle immagini in corrispondenza dei tre annunzi della passione222 che nelle domeniche III, IV e V si leggono nel rito di venerazione presso la s. Croce. Si inizia la terza domenica di Quaresima, con la velazione della pala maggiore, si prosegue con le altre pale nella quarta, per completare la velazione di tutte le pale nella quinta di Quaresima.

In tal modo si ritma il graduale entrare della Chiesa nel mistero della Passione del Signore. Le immagini così velate, rimarranno tali fino alla sera del Sabato santo, quando si preparerà la chiesa per la Veglia pasquale.

  1. La Croce penitenziale

Il simbolo principale, che dovrebbe emergere nel tempo di Quaresima, è la Croce penitenziale.223  Infatti la croce è la meta e la via della Quaresima. Come fu per Cristo, così è per la sua Chiesa. La croce penitenziale è semplice, di legno, senza il crocifisso e senza decorazioni. Deve essere sufficientemente grande per esser vista da tutta l’assemblea, non troppo grande, né troppo pesante, per poter essere comodamente portata dal sacerdote nelle processioni penitenziali e nella “via crucis”. Essa fa il suo ingresso nella chiesa con la processione penitenziale il Mercoledì delle Ceneri. Da allora posta su di un ceppo in un luogo ben visibile, “presiede” l’assemblea liturgica per tutto il tempo di Quaresima. Ogni giorno riceve la venerazione dei fedeli, soprattutto con il rito di venerazione previsto al termine della Messa festiva e feriale:

         “Ecco la croce del Signore:

         è stoltezza per quelli che vanno in perdizione,

         è potenza di Dio per quelli che si salvano!

         Gloria a te vessillo di salvezza!” (1Cor 1, 18).224 

La croce precede le processioni stazionali e il pio esercizio della “via crucis”. Infine, dopo aver guidato simbolicamente il cammino quaresimale del popolo pellegrinante, si congeda da esso alle soglie della settimana santa, quando l’attenzione si poserà sul crocifisso, che sarà convenientemente esposto con la Domenica delle palme.225

Presso la croce possono venir accese, successivamente ogni domenica, cinque lampade, che ricordano le cinque piaghe del Signore e il crescente amore ed adesione della Chiesa al mistero del crocifisso.

La croce, senza il crocifisso, ricorda ai fedeli che è necessario esser crocifissi con Cristo per poter partecipare alla sua gloria. Infatti “Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui” (2Tim 2, 11).

Stretta attorno alla croce nel tempo di Quaresima l’assemblea cristiana appare come il popolo ebreo nel deserto, che insidiato dai serpenti velenosi, ossia dal peccato, guarda con fede a Cristo innalzato sul legno per la nostra salvezza e ne ottiene risurrezione e vita.

  1. L’Evangeliario e il suo trono

La Quaresima è tempo speciale per ascoltare Cristo Maestro, di cui il segno liturgico dell’Evangeliario è nobile richiamo. Infatti, soprattutto nelle celebrazioni stazionali della Quaresima, esso presiede l’assemblea aperto sul trono. L’Evangeliario della Chiesa Tridentina, promulgato in occasione del Grande Giubileo del 2000 è entrato nelle nostre assemblee liturgiche “ornato di un manto regale”226 , “segno della riscoperta del valore della Parola di Dio, della necessità dell’annunzio del Vangelo per la nascita della fede, della reale presenza del Risorto quando viene proclamata la sua Parola (SC 7)”.227

Per approfondirne il senso e il significato riportiamo qui alcune parti desunte delle “Premesse” poste all’inizio dell’Evangeliario della Chiesa Tridentina. Esse, in una composizione organica e originale rivolta in particolare alla nostra diocesi, raccolgono anche le principali indicazioni liturgiche, relative all’Evangeliario, contenute nelle Premesse al Messale Romano e al Lezionario.

“Alla lettura del Vangelo si deve il massimo rispetto; lo insegna la liturgia stessa, perché la distingue dalle altre letture con particolari onori: sia da parte del ministro incaricato di proclamarla, che si prepara con la benedizione o con la preghiera; sia da parte dei fedeli, i quali con le acclamazioni riconoscono e professano che Cristo è presente e parla a loro, e ascoltano la lettura stando in piedi; sia per mezzo dei segni di venerazione che si rendono al libro dei Vangeli”.228 

“Poiché l’annunzio del Vangelo costituisce sempre l’apice della Liturgia della Parola, la tradizione liturgica sia orientale che occidentale ha sempre fatto una certa distinzione fra i libri delle letture. Il libro dei Vangeli veniva infatti preparato e ornato con la massima cura, ed era oggetto di venerazione più di ogni altro libro destinato alle letture. E’ quindi molto opportuno che anche attualmente nelle cattedrali e almeno nelle parrocchie e chiese più grandi e più frequentate ci sia un Evangeliario splendidamente ornato, distinto dall’altro libro delle letture. Non senza ragione lo stesso Evangeliario vien consegnato al diacono nella sua ordinazione, e nell’ordinazione episcopale viene posto e tenuto aperto sul capo dell’eletto”.229  

Fin dall’antichità i libri liturgici sono stati confezionati con arte, decorati con materiali preziosi e circondati di onori. Percorso analogo a quello verificatosi per i vasi sacri e la croce gloriosa. Infatti il messale e il rituale, eredi dell’antico Sacramentario, riportano le sante parole con le quali il sommo sacerdote Cristo Signore attualizza, mediante il ministero dei sacerdoti, l’Eucaristia e i sacramenti. I lezionari contengono la Parola di Dio. Gli antifonari raccolgono i salmi con i quali Cristo e la Chiesa elevano al Padre il perenne canto di lode e la supplica incessante. Tali contenuti domandano dignità e splendore anche nelle teche che li conservano per destare nei fedeli venerazione dei santi misteri. Ciò vale soprattutto per il libro dei Vangeli; questo è la parola del Signore, egli stesso parla qui. L’Evangeliario assurge, anche nella sua materialità, ad oggetto simbolico, significativo della invisibile presenza di Cristo Maestro. Come tale riceve atti di venerazione: è elevato in alto durante la processione, presentato allo sguardo devoto dei fedeli, circondato da ceri e dall’incenso. Esso esercita un ruolo rituale più esteso rispetto al servizio pur principale di offrire le pericopi per la proclamazione solenne del Vangelo. Per questo è oggetto di una straordinaria cura, soprattutto nella copertina, riccamente ornata con materiali e pietre preziose; su di essa si delinea tutto un contenuto teologico relativo alla Parola di Dio mediante la rappresentazione della morte e risurrezione di Cristo, e la raffigurazione dei quattro profeti maggiori e degli evangelisti, secondo una regola universale della tradizione sia orientale che occidentale.230

L’Evangeliario è il segno dell’onore dovuto alla Parola del Signore quando viene proclamata solennemente nell’assemblea, al vertice della Liturgia della Parola. Conviene che ogni parrocchia abbia l’Evangeliario, ne faccia un opportuno uso liturgico e lo conservi in luogo d’onore nella sagrestia. Così la celebrazione parrocchiale, almeno nelle solennità e nelle feste, può contare su un ulteriore segno liturgico che contribuisce a dare credito e importanza all’annuncio della Buona Novella, che permette più facilmente di comprendere la liturgia della Parola come vera e propria celebrazione dell’evento salvifico in grado di determinarsi ogni qual volta la Parola è proclamata e viene accolta dall’assemblea. La riforma liturgica del Concilio Vaticano II ha contribuito non poco a potenziare la sensibilità verso i valori che danno dignità e prestigio all’azione liturgica. In continuità con questo spirito è importante promuovere sempre più una cultura dell’estetica liturgica, per sensibilizzare la comunità cristiana e ricercare i modi e gli strumenti più adeguati a esprimere il divino ineffabile dei riti liturgici.231 

I sacerdoti e i diaconi utilizzando l’Evangeliario nei sacri riti potranno educare i fedeli, mediante la catechesi liturgica e il modo stesso di celebrare la Parola, ad una profonda adorazione di Dio che parla al suo popolo, di Cristo risorto presente nell’assemblea convocata, dello Spirito Santo che apre i cuori alla comprensione delle Sacre Scritture.

Così, con la mediazione dei riti e dei simboli la Chiesa si pone in un più fecondo atteggiamento di ascolto e di venerazione per accogliere con maggior efficacia la Parola divina e tradurla nelle opere, divenendo così ‘luce del mondo e sale della terra’.232 

L’Evangeliario, secondo l’antica tradizione liturgica e figurativa, è spesso anche posto sul trono, a richiamare la presenza del “Kyrios”, nell’atto del suo divino magistero. Tale simbolo ha la sua origine nell’etimasìa,233 il trono preparato per il ritorno glorioso del Signore e per il suo giudizio. Ben presto sul trono compare la croce gemmata o il prezioso codice dei Vangeli, oppure tutti e due insieme. L’intronizzazione dei Vangeli è testimoniata anche nella liturgia dei primi otto Concili ecumenici della Chiesa indivisa, secondo le parole dei Padri: “Noi costituimmo Cristo presidente” e “Il Santo Sinodo diede la presidenza a Cristo”.234 Nei Concili successivi questo ricco simbolismo liturgico viene abbandonato e il suo posto è preso dal trono papale nei concili occidentali e dal trono imperiale in quelli orientali.235 Ad eccezione del Concilio di Ferrara,236 l’intronizzazione dei Vangeli viene ripresa nei due ultimi Concili, il Vaticano I e II.237 L’attuale Cerimoniale dei Vescovi prevede l’intronizzazione dei Vangeli nella celebrazione del Sinodo diocesano.238 Data la riscoperta da parte del Concilio Vat. II della speciale presenza del Signore nella sua Parola,239 e la valorizzazione di liturgie della Parola anche fuori della Messa, si ritiene conveniente l’uso del segno dell’Evangeliario esposto sul suo trono, soprattutto nelle più solenni celebrazioni della Parola, quali le “stazioni” di Avvento e Quaresima. Non solo quindi nelle grandi assisi della Chiesa universale, ma anche nelle più umili celebrazioni della parrocchia l’Evangeliario sul trono può esprimere la presenza del Cristo Maestro, che oggi continua a rivolgere alla sua Chiesa la Parola della salvezza.240

 

NOTE

211    Encicl. lit., p. 591.

212    Cfr. in questa pubblicazione, p. 106-107.

213    Anamnesis, vol. VI, p. 40 e 171.

214    La Liturgia della Chiesa, p. 377.

215      Cfr. La celebrazione del pio esercizio della “via crucis” presieduta dal Papa presso il Colosseo a Roma, il Venerdì santo.

216    PS, n° 17.

217    Cal. lit. dioc. p. 114.

218    PS, n° 26; cfr. anche CONSILIUM AD EXEQUENDAM COSTITUTIONEM DE SACRA LITURGIA, Commento alla riforma dell’anno liturgico, in Enchiridion Vaticanum, Documenti ufficiali della Santa Sede, Bologna, ed. ED, 1990, vol. Supplemento 1°, n. 273.

219    Cal. lit. dioc., p. 132.

220    RIGHETTI, vol. II. p. 176.

221    Encicl. lit., p. 787.

222      cfr. In questa pubblicazione, p. 101.

223    cfr. In questa pubblicazione, Sett. Santa, p. 139.

224    LO, dalla liturgia del 14 sett.

225    cfr. In questa pubblicazione, Dom. delle Palme, p. 113.

226    Evangeliario della Chiesa Tridentina, promulgato dall’Arcivescovo Luigi Bressan nell’Anno Giubilare 2000, Premesse, Parte II n. 8, Trento, ed. Diocesane, 1999.

227    idem, Parte II n. 1.

228    Principi e norme per l’uso del Messale Romano, n. 35 in Messale Romano riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Papa Paolo VI, Città del Vaticano, EV, 1983.

229    Premesse al lezionario, parte I, cap. II, n. 35 in Lezionario domenicale e festivo I,1, Città del Vaticano, EV, 1995.

230    Evangeliario della Chiesa Tridentina, promulgato dall’Arcivescovo Luigi Bressan nell’Anno Giubilare 2000, Premesse, Parte II n. 2, Trento, ed. Diocesane, 1999.

231    idem, parte II, n. 6.

232    idem, Parte II, n. 7.

233    Di Maio, Romeo, Il libro del Vangelo nei Concili ecumenici, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1963, p. 20: E’ noto che il trono per sé, anche in ambiente precristiano e non cristiano, indicò la maestà o l’autorità divina, e chi vi sedeva ne era rivestito. Dal V secolo e probabilmente dal IV, la figurazione del trono vuoto (etimasia) in Italia prima e dopo in Oriente e altrove ancora significò l’attesa del giudizio di Cristo. Il trono Gli era preparato, poteva venire dunque. Etimasia (in greco) (interpretando il salmo 9, 9) è la preparazione del trono divino.

234    idem, p. 20: “Noi costituimmo Cristo presidente” e “Il Santo Sinodo diede la presidenza a Cristo”. Queste dichiarazioni di due Padri conciliari, Cirillo e Tarasio, sono fondamentali per cogliere il significato del trono con gli Evangeli nel Concilio.

         idem, p. 10: Le prime testimonianze letterarie sugli Evangeli in trono si riferiscono al concilio di Efeso (431) e sono estremamente indicative della loro significazione antieresiale. “… deposto nel mezzo del trono il santo Evangelo che ci mostrava Cristo stesso presente”. Questa annotazione della lettera del Sinodo degli Imperatori già di per sé esprime energicamente la singolare posizione del trono e la sua funzione. Tuttavia essa può essere completata dalle parole di S. Cirillo d’Alessandria, che presiedette il Concilio. “Allora certo il santo Sinodo non senza difficoltà fu radunato nella santa chiesa detta di Maria, e costituì suo membro anzi come suo capo Cristo; infatti sul santo trono fu collocato il venerando Evangelo, il quale poco mancò che non gridasse ai santi vescovi: giudicate secondo giustizia, decidete fra i santi Evangelisti e i clamori di Nestorio”. Così egli scrisse all’Imperatore Teodosio II.

         Anche un altro presidente di Concilio, Tarasio di Costantinopoli, riferì a papa Adriano sulla presenza del trono con gli Evangeli nel Niceno II (787). “Essendoci seduti tutti, costituimmo presidente Cristo. Fu deposto infatti nel sacro seggio il santo Evangelo che a tutti noi convenuti, uomini sacri, diceva: giudicate secondo giustizia: Decidete fra la Chiesa di Dio e la attuale novità (l’iconoclastia)”. Il posto del trono era dunque in coerenza con la profonda attitudine dell’età patristica, e medievale anche, a identificare Cristo con l’Evangelo, sì da far scrivere ad Amelano, come in sintesi, Evangelium Christus est. I testi di Cirillo e Tarasio chiariscono l’altro, stereotipato, degli atti dei Concili di Calcedonia (451), del III di Costantinopoli (680-681), del II di Nicea (787): “posto nel mezzo il santissimo e intemerato Evangelo”…

235    idem, p. 22: Il posto che l’Imperatore occupa nell’arte e nei concili orientali è preso dal trono papale in quelli latini e nella relativa iconografia. E’ stato un danno forse assai grave che tra orientali e occidentali sia lentamente scomparsa la coscienza del significato degli Evangeli intronizzati fino al punto da interrompere la tradizione della presidenza conciliare data a Cristo, che si era mantenuta quanto meno da Efeso al IV Costantinopolitano.

236    idem, p. 13: con il 28 febbraio 870 si chiudeva la serie dei Concili orientali e si rompeva anche, con l’unità dei cristiani, la tradizione degli Evangeli intronizzati, almeno sino all’8 gennaio 1439, quando convenientemente riapparvero nella cattedrale di Ferrara richiamati di certo dalla presenza dei greci in quel Concilio. La testimonianza di un metropolita, nei suoi termini, si ricollega a quella di S. Cirillo. “Nel mezzo del tempio, fra i due ceri, davanti alla sacra mensa, era posto un trono bellissimo, adornatissimo e parato di un velo aureo, nel quale si assise il grande e giusto giudice il Signore nostro Gesù Cristo, cioè il santo Evangelo, avendo ai lati le teste dei santi apostoli Pietro e Paolo davanti alle quali ardevano ceri”. Entrando nell’aula conciliare del duomo di Ferrara si restava presi soprattutto dalla presenza del trono con gli Evangeli, essendovi disposti ai lati da una parte quello del Papa con gli altri dell’Imperatore di Germania e dei Cardinali e dall’altra quello di Giovanni VIII Paleologo con gli altri del Patriarca di Costantinopoli Giuseppe II e di altri orientali.

237    idem, pp. 15-19: Dopo quattrocentotrentun anni, l’8 dicembre 1869, gli Evangeli furono riportati sul trono conciliare.

238    Caerimoniale Episcoporum, nn. 1172 e 1174.

239    SC 7: “giacchè è Lui che parla quando nella Chiesa si leggono le sacre Scritture”.

240    Vi è una certa analogia tra il culto eucaristico e la celebrazione della Parola: come lo sviluppo del culto eucaristico fuori dalla Messa, tipico del secondo millennio, si è espresso nell’uso dell’ostensorio esposto sul trono, così – fatte le debite distinzioni dogmatiche, teologiche e liturgiche – il senso della presenza del Signore nella celebrazione della Parola anche fuori della Messa, riproposta dal Concilio Vaticano II, potrebbe trovare nell’Evangeliario esposto sul suo trono una efficace espressione.

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