GLI AVVISI PARROCCHIALI SPESSO SONO ECCESSIVI E NOIOSI. SI DEVONO PROPRIO FARE?

A CURA DELLA REDAZIONE

Le rubriche permettono che nei riti di congedo, prima di impartire la benedizione, possano essere dati brevi avvisi (OGMR 90). L’indicazione è della massima sobrietà, sia nel valutare l’effettiva necessità, sia nel richiamare la loro brevità. Gli avvisi parrocchiali non devono diventare una regola, ma un’eccezione e le comunicazioni devono essere brevi e incisive. Spesso, invece, tali avvisi diventano una regolare e prolissa esposizione, non raramente priva anche di uno stile che rispetti la sacralità e la sobrietà della liturgia. Gli avvisi, se intesi come sempre necessari e regolari, provocano una caduta del clima contemplativo, che dovrebbe rimanere come alone spirituale, sia nell’assemblea che si scioglie. L’aula della chiesa infatti deve conservare il silenzio sacro per consentire ai fedeli di proseguire a livello individuale la meditazione e la preghiera. La comunicazione fraterna e quindi anche il luogo proprio per trasmettere gli avvisi parrocchiali è il sagrato o l’atrio. Qui si devono trovare le modalità più opportune ed incisive per dare informazioni sulla vita pastorale della comunità cristiana. Se non si distinguono gli ambienti si finisce per sacrificare in modo indebito proprio lo spazio riservato alla liturgia, efficace incontro col mistero che trasforma, eleva e che rende possibile una fraternità vera, radicata su base soprannaturale. Senza il primato del mistero, accolto, contemplato ed assunto interiormente, ogni comunicazione reciproca decade in un superficiale e fragile rapporto filantropico, che non attinge sufficientemente alla forza propria del Sacramento ricevuto e non adeguatamente interiorizzato. Alla luce di questa considerazione gli operatori liturgici dovranno valutare seriamente il momento adeguato per gli avvisi parrocchiali e saper offrire con tatto spirituale comunicazioni rispettose dei valori insopprimibili, propri dell’azione liturgica e della sua piena efficacia educativa. Dovrebbe essere sempre più condiviso che la celebrazione liturgica e la chiesa non sono il contenitore di ogni attività parrocchiale, ma il luogo proprio della preghiera, del silenzio orante, della meditazione dell’incontro anche personale con Dio (come recita il Salmo “la mia casa è casa di preghiera”): dimensione che deve essere quanto più possibile favorita. In tal senso sembra opportuno superare sempre più la prassi degli avvisi, in nome di forme alternative quali il foglietto settimanale, ecc., educando i fedeli ad un minimo impegno, ad interessarsi di quello che succede nella loro parrocchia, senza volere a tutti i costi raggiungerli con estenuanti e ripetitive comunicazioni, che qualche volta li annoiano e indispettiscono. È  infine del tutto assodato che gli avvisi non possono essere dati dall’ambone, riservato esclusivamente alla proclamazione della Parola di Dio.

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