I SETTE SACRAMENTI – prima parte

Don Enrico Finotti  – 29 aprile 2018

IL TESORO DELLA CHIESA

Qual è il tesoro della Chiesa?  I sette Sacramenti.

Che i Sacramenti siano il tesoro della Chiesa risulta immediatamente evidente non appena si consideri che essi sono Cristo stesso, risorto e vivo, presente a noi oggi nell’atto di operare sacramentalmente la nostra Redenzione.

Se già Pio XII definì la liturgia come il culto pubblico che il nostro Redentore rende al Padre come Capo della Chiesa (PIO XII, Mediator Dei, 20) ; e l’Anno liturgico come Cristo stesso, che vive sempre nella sua Chiesa e che prosegue il cammino di immensa misericordia da Lui iniziato… in questa vita mortale… allo scopo di mettere le anime umane al contatto dei suoi misteri…, perennemente presenti ed operanti… (PIO XII, Mediator Dei, 163), tanto più tale definizione si addice ai sette Sacramenti, che sono la punta di diamante di quell’azione misteriosa con cui Cristo opera in ogni azione liturgica e nella estensione dell’Anno liturgico.

Nessuno certo dubiterà che Cristo Gesù sia il tesoro della Chiesa, ora i Sacramenti sono la sua emanazione vitale, proprio come allora quando tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti (Lc 6, 19). Ecco perché san Leone Magno poté affermare: Quanto del nostro Redentore era visibile è passato nei Sacramenti (PL54, 398).

Inoltre se già in ogni Sacramento vi é la virtus salvifica del Signore, nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia Egli è presente in modo ‘vero, reale e sostanziale’ (Cfr. Concilio tridentino), un modo tanto singolare e misterioso, che suscita la nostra adorazione con un vero culto di latria.

Perciò i Sacramenti costituiscono il momento più alto e più intenso della vita della Chiesa, che è la vita della Grazia soprannaturale, ossia quella Vita divina che scaturisce dalla santissima Trinità e che ci è comunicata, mediante il Verbo incarnato, nella potenza dello Spirito Santo, in diversa misura e sotto diversi aspetti, in relazione alla finalità di ogni Sacramento da Lui istituito.

 I sette Sacramenti della Chiesa sono:
 Il Battesimo – la Confermazione  – l’Eucaristia  – la Penitenza – l’Unzione degli infermi  –  l’Ordine –   il Matrimonio.

Si distinguono in: Sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Confermazione e Eucaristia); Sacramenti della guarigione (Penitenza e Unzione degli infermi); Sacramenti al servizio della comunione e della missione (Ordine e Matrimonio). Essi toccano i momenti importanti della vita cristiana. Tutti i Sacramenti sono ordinati all’Eucaristia «come al loro specifico fine» (san Tommaso d’Aquino) [cfr. CCC Compendio n. 250].

Il termine ‘Sacramento’ (Sacramentum) è la traduzione latina del termine greco ‘Mistero’ (Misterium). Quando si dice ‘mistero’ si intende un evento mirabile, che si compie invisibilmente sotto il velo di realtà visibili, che al contempo ne rivelano la presenza e ne nascondono le dimensioni più intime e profonde.

Tali sono appunto i Sacramenti, che mediante segni visibili comunicano all’anima effetti soprannaturali invisibili. Per questo essi sono opportunamente chiamati ‘i santi Misteri’ e sono totalmente pervasi dal senso del ‘sacro’, ossia dalla percezione della divina presenza e della potenza soprannaturale della Grazia.

LA MAESTA’  DEI SACRAMENTI

 I sette Sacramenti, infatti, non sono stati solamente istituiti dal Signore, e in quanto tali rimandano a Lui e al ricordo delle sue azioni, ma essi realizzano, qui ed ora, i suoi stessi atti salvifici, oggi come allora, diverso è soltanto il modo: allora il Signore agiva direttamente, mediante il contatto vivo del suo corpo, facendo udire la sua voce e mostrando i suoi gesti corporei; oggi opera per la mediazione dei suoi ministri, che agiscono in persona Christi capitis. Tuttavia unica e attuale è la Sua presenza e identico il contenuto delle sue parole e l’effetto della sua Grazia.

Chi è pervaso da questa convinzione teologica entra nei santi Misteri con riverenza e timore (Eb 12, 29) e non indulge ad alcuna banalità, anzi esige precisione in ogni cosa, nobiltà di linguaggio, di abbigliamento e di comportamento e il suo sguardo interiore ed esteriore è adombrato dalla divina presenza come Mosè, che davanti al roveto ardente udì queste parole: Togliti sandali dai piediperché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!  (Es 3, 1-6).

Ogni volta che entriamo nella divina Liturgia dovremmo sentir risuonare nel nostro spirito queste splendide parole:

“Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme             celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei  cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della      Nuova Alleanza e al sangue dell’aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele!.

“Perciò, poiché noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa  grazia e per suo mezzo rendiamo un culto gradito a Dio, con riverenza e   timore; perché il  nostro Dio è un fuoco divoratore (Eb 12, 22-24. 28-29).

Questa percezione di fede ci offre il giusto atteggiamento interiore ed esteriore per disporci ad una degna celebrazione dei Sacramenti e soprattutto del Sacrificio eucaristico.

 Qualcuno riduce la portata di queste considerazioni ricorrendo indebitamente a quella confidenza filiale che il Signore raccomanda ai suoi discepoli quando afferma: Quando pregatediteAbbà, Padre! (Lc 11,2). Tale confidenza, tuttavia, è propria soltanto del Figlio unigenito, della stessa sostanza del Padre, ed è concessa a noi, elevati al rango di figli adottivi per l’accondiscendenza della Sua infinita misericordia, come un ‘osare’ (audemus dicere), che non può mai diventare una pretesa, ma rimane un dono da ricevere continuamente e sempre con gratitudine, timore e tremore (Fil 2, 12). Già questo fatto stabilisce la natura singolare di questa confidenza divina, che mai depone la Maestà della sua gloria e non consente che nessuno mai si prenda gioco di Dio, secondo le parole dell’Apostolo: Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio (Gal 6, 7). Oltre a ciò occorre ribadire che la celebrazione dei santi Misteri implica sempre il culto rivolto alla santissima Trinità nel quale si accede al Padre luce inaccessibile (1Tm 6, 16), mediante il Figlio, santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli (Eb 7, 26), nella potenza dello Spirito Santo fuoco divoratore (Eb 12, 29). E’ questo il senso e il tenore delle solenni liturgie celesti descritte nell’Apocalisse e che ci aspettano nella visione della gloria. A queste si deve ispirare la liturgia terrena celebrata quaggiù ancora nel regime della fede. Esse sono quel modello, che Dio mostra sul monte fin dalla rivelazione a Mosè e che già nell’Antica Alleanza ebbero una timida e precaria realizzazione nella liturgia del Tempio.

Altri ritengono che le azioni salvifiche di Cristo debbano essere spogliate di ogni apparato rituale e liturgico col pretesto che il Signore operò la nostra Redenzione con atti di vita ordinaria come fu per la stessa morte sulla croce in un contesto del tutto profano fino a consumarsi fuori della città santa. In questa prospettiva equivoca non pochi furono gli abusi liturgici e le profanazioni dei Sacramenti. Si deve al contrario ricordare che fu proprio Cristo Signore a dare al Sacrificio incruento della croce (l’Eucaristia) forma rituale e in tale forma lo comandò alla sua Chiesa: Fate questo in memoria di me (1 Cor 11, 24-25). Anche il Sacramento fondamentale e necessario per aver parte alla vita eterna, il Battesimo, è fin dal suo inizio un rito al quale Cristo stesso si sottopose e che esplicitamente ne comandò la celebrazione alla Chiesa: Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo (Mc 16, 16).

Ecco perché la forma rituale, la solennità liturgica e il carattere sacro sono intrinsecamente necessari alla celebrazione dei Sacramenti. Esse sono conformi con la volontà istitutiva del Signore e coerenti con la perenne Tradizione Apostolica sempre viva nella Chiesa. Senza tali espressioni la presenza e l’azione del Signore, che viene nel mistero insieme ai suoi Angeli e ai suoi Santi, subisce offesa e i ‘santi segni’ sono profanati.

Ed è proprio perché l’azione della Grazia divina, che scaturisce dal Signore presente ed operante, è invisibile ai nostri occhi, che la Chiesa protegge questi mirabili gesti con riti, simboli e preci, che ne assicurino la nobile celebrazione e suscitino la giusta venerazione in tutti coloro che partecipano alla celebrazione liturgica, in primo luogo i sacri ministri, ma poi tutti i fedeli secondo il loro ruolo e la loro responsabilità.

L’insondabile umiltà del Signore, che volle nascondere la Maestà della sua divina presenza e dei suoi gesti salvifici sotto il velo alquanto opaco delle realtà visibili per essere il Dio vicino, non può giustificare un trattamento superficiale e indegno di segni che sono Suoi e ai quali è legata la nostra eterna salvezza.

Lo stupore adorante verso i santi Misteri si coglie in modo mirabile nel noto canto eucaristico: Adoro te devote latens Deitas, qui sub his figuris vere latitas: tibi se cor meum totum subicit, quia te contemplano totum deficit. Qui il cuore credente trova la sua più alta contemplazione e l’ars celebrandi riceve la sua più autentica formazione. (continua)

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