IL GRUPPO LITURGICO?

“Ha senso un gruppo liturgico in parrocchia? E, se lo ha, qual è il suo compito?”

 Indubbiamente un gruppo o una commissione, che curi la dignità delle celebrazioni liturgiche, è uno strumento importante in parrocchia. Tuttavia si deve intendere bene, sia il suo ruolo, sia, soprattutto, il suo modo di procedere. Il ruolo, come il metodo del gruppo liturgico sono analoghi agli altri due fondamentali gruppi: quello catechistico e quello pastorale. Infatti, annunzio, liturgia e pastorale sono i tre ambiti essenziali della vita della Chiesa.

L’azione delle tre commissioni deve essere basata su tre tappe successive e concatenate.

La commissione catechistica:

1. Si deve iniziare con la conoscenza corretta e oggettiva della Parola di Dio, ascoltandola con umiltà e docilità, senza inquinarla con le nostre categorie ideologiche.

2. L’ascolto pieno e completo della Parola di Dio implica anche l’accoglienza altrettanto sacra della Tradizione orale, intesa nell’interpretazione autentica del Magistero vivo della Chiesa. Tale complemento si trova soprattutto nel Catechismo della Chiesa Cattolica, che offre un panorama completo della nostra fede contenuta nella Sacra Scrittura, nella sacra Tradizione e garantita dal Magistero. Solo in questa seconda tappa l’ascolto della Parola di Dio è completo, integro ed efficace.

3. A questo punto si deve considerare l’analisi della situazione e della vita di coloro che devono ricevere l’annunzio, in modo tale che le leggi della psicologia, della didattica, della sociologia, della gradualità, ecc. possano contribuire al massimo grado possibile ad offrire un annunzio efficace ed adatto ad ogni categoria di persone.

La commissione liturgica:

1. Si deve prima di tutto conoscere bene i riti stabiliti dalla Chiesa ed editi nei libri liturgici ufficiali.

 2. La loro conoscenza tuttavia è veramente profonda se si meditano attentamente le Premesse (Praenotanda) contenute negli stessi libri liturgici. Esse motivano teologicamente e pastoralmente il senso e la tipologia dei vari riti. Anche gli altri documenti del Magistero relativi alla liturgia devono concorrere a fornire una formazione liturgica ben calibrata e completa negli operatori. La sola conoscenza del rito senza la teologia e le indicazioni delle Premesse rituali potrebbe portare al rubricismo, mentre la sola teologia senza la precisa conoscenza e osservanza dei riti porta alla creatività soggettiva e libera dei medesimi.

3. Assolta questa preparazione si può legittimamente procedere alla realizzazione rituale nella concreta assemblea liturgica, operando gli adattamenti necessari senza tuttavia tradire la lettera e lo spirito del rito della Chiesa. I riti potranno essere adattati con gradualità, ma mai alterati, decurtati o amplificati oltre la loro identità costitutiva.

La commissione pastorale:

Per completezza osserviamo che anche il processo dell’attività pastorale in genere è analogo a quello sopra descritto per la catechesi e per la liturgia.

1. Il primo passo consiste nella sufficiente conoscenza delle leggi canoniche della Chiesa. Il Codice di Diritto Canonico ha come suprema legge la salus animarum e non deve essere considerato pregiudizialmente un peso e un legame, ma un servizio per una pastorale di qualità, ispirata dalla sapienza e dall’esperienza secolari della Chiesa.

2. Alla legge universale si devono aggiungere tutte quelle leggi e disposizioni particolari che reggono la diocesi, la parrocchia e le istituzioni ecclesiali nella varietà delle loro espressioni e finalità.

3. Ed ecco che solo ora è possibile analizzare la concreta realtà di una comunità cristiana, ascoltarne le esigenze, i problemi, i desideri e, alla luce delle leggi della Chiesa, trovare la giusta risposta e formulare un adeguato piano pastorale.

 

Se le tre commissioni si attengono a questo triplice modo di procedere non possono che essere efficaci nella loro azione ecclesiale e promuovere un’autentica opera di evangelizzazione, di santificazione e di vita cristiana nella carità. Purtroppo in una mentalità diffusa e in un costume ormai generalizzato, tale procedimento viene del tutto capovolto. Anziché partire dal mistero, ascoltando la Parola di Dio, conoscendo i riti della Chiesa e accogliendo le sue leggi canoniche, si parte dall’uomo e dalla sua situazione esistenziale. Si fanno con grande cura indagini, ricerche e sondaggi di ogni genere. Si ascolta quasi con venerazione e attenzione meticolosa ogni brezza che soffia nel tessuto sociale a tal punto che tale impegno assume quasi i caratteri del sacro, come se Dio fosse rintracciabile solamente nei fatti e nella cronaca quotidiana e tra le pieghe delle opinioni così fluttuanti degli uomini. Ammagliati da questa contemplazione quasi estatica del contingente e totalmente impegnati a dovervi dare una risposta il più possibile condivisa e accettata, la risalita alle fonti del Mistero ne è alquanto frenata, ritardata e talvolta abbandonata. Si cercano le risposte ai problemi nei problemi stessi e ci si fissa su di essi alla maniera di chi non ha fede e speranza soprannaturale, condividendo col mondo la problematicità, senza soluzioni e senza meta. Così una ‘pastorale’ eccessivamente prona sull’uomo ha intrappolato il cristiano nell’asfissia del materiale, contagiandosi della malattia del secolarismo, ormai privo di ogni trascendenza e rinunciando così alla sua missione salvatrice, che avrebbe dovuto consegnare all’uomo, svilito e ansimante, la luce e la grazia del mistero che salva, solleva e consola nell’orizzonte ossigenante delle realtà eterne.

Una simile pastorale, ormai secolarizzata, è compromessa dal sospetto, diffuso e condiviso, sulle sorgenti stesse del mistero, soprattutto quelle offerte dalla Chiesa: il Catechismo, il Codice, gli atti del Magistero, la sacra Tradizione, sono oggetto di critica, di vaglio illegittimo, di emarginazione. Fa eccezione la Sacra Scrittura, che, col pregiudizio protestante della ‘sola Scriptura’, ancora resiste, ma isolata dal suo necessario contesto: Tradizione, Magistero, Chiesa, sono piegati e interpretati dalle ideologie imperanti, offerte dalla società che si vuole, si dice, evangelizzare.

Da questo stato di cose, in cui le tre tappe sopra descritte, sono radicalmente capovolte, ne scaturisce una contraffazione dei pilastri portanti della vita della Chiesa:

– la catechesi diventa uno scambio di opinioni e un permanente dibattito sui problemi del momento e sulle fasi dello sviluppo dei catechizzandi o un esercizio di come ben inserirsi nel clima culturale, politico e sociale in cui si vive;

– la liturgia si trasforma in una recita prodotta dal gruppo che la celebra, con le evidenze, le sensibilità, i simboli e il linguaggio, che sono propri di coloro che la creano, la gestiscono e alla fine la impongono;

– la pastorale, in tutte le sue svariate modalità ed obbiettivi, si risolve fondamentalmente in un’attività socializzante, di natura culturale, solidaristica, folcloristica, economica e, perciò stesso, difficilmente estranea a posizioni politiche e visioni ideologiche di parte.

Tutto questo perché si è partiti male, mancano i presupposti della formazione teologico-spirituale e ci si abbandona, senza difese, senza progetto e senza verifica, ad un servizio umanitario, subito affascinante, ma ben presto deludente. Questo è un problema concreto in cui oggi versano gran parte delle nostre parrocchie e taluni gruppi ecclesiali. Questo processo patologico afferma in fin dei conti l’assenza di Dio e proclama che la salvezza dipende dall’uomo stesso e dalle sue capacità. Occorre invertire il procedimento e partire dal Mistero, accoglierlo, conoscerlo, contemplarlo, esserne impregnati e, solo dopo, andare verso l’uomo con la volontà sincera e determinata di introdurlo nell’evento della grazia, senza timore nell’affrontare l’uomo, che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte. Il mondo attende la salvezza in Cristo, ma noi non possiamo perderla in un contatto buonista col mondo.

Concludendo possiamo allora affermare la bontà di un gruppo liturgico, ma alle condizioni sopra stabilite.

Infine occorre riconoscere che ogni attività nella Chiesa ha in Dio il suo inizio, la sua fecondità e il suo fine, secondo l’espressione della nota orazione Actiones nostras: “Signore, previeni le nostre azioni con la tua grazia, sostienile col tuo aiuto, affinché ogni nostra preghiera come ogni nostro lavoro trovi in te il suo principio ed il suo compimento. Amen” (in Manuale delle Indulgenze, Libreria Editrice Vaticana

1968, p. 46). Per questo ogni riunione ecclesiale deve iniziare e concludersi con la fervente preghiera, altrimenti tutto è commisurato col criterio aziendale dell’efficienza, del successo e del semplice rapporto umanitario.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.