LA “STATIO” DELL’AVVENTO – terza parte

Profeta con cartiglio – Il Portico della Gloria Cattedrale di Santiago di Compostela – particolare

VI     L’invocazione alla Divina Sapienza, cuore della Statio

(Invocazione alla Sapienza) La preghiera che Salomone (Sap 9, 1-11) indirizza con profonda intensità alla divina Sapienza è particolarmente indicata per la liturgia dell’Avvento.

Infatti, una delle immagini più eloquenti per descrivere la persona e l’opera del Messia è appunto quella della Sapienza, che, in importanti testi biblici, è intesa quasi come una persona distinta, che dall’eternità sta presso Dio e ne partecipa pienamente della sua stessa virtù divina.

Si pensi ai bellissimi testi del libro dei Proverbi (8, 22-36) e del Siracide (24, 1-21), che preludono a quel vertice di espressione teologica, che è il Prologo di san Giovanni (Gv 1, 1-18).

(si legge qualche versetto dei testi biblici citati)

Invocare la Sapienza divina è quindi un’implicita invocazione del Messia, la Sapienza eterna del Padre, il Logos, che era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui  niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (Gv 1,3).

L’Invocazione alla divina Sapienza rappresenta il vertice rituale della Statio ed è cantato con grande intensità.

I ministri si inginocchiano ai piedi dell’altare e tutto il popolo si inginocchia come si è fatto all’inizio al canto del Rorate.  

(capitolo) Il cantore o il lettore canta o proclama un breve invito biblico, che annuncia la fedeltà di Dio che previene sempre ad ogni richiesta dei suoi fedeli: Prima che mi invochino, io risponderò; mentre ancora stanno parlando, io già li avrò ascoltati (Is 65, 24).

Quindi propone il ritornello che tutti ripetono dopo ogni strofa: Manda, Signore dai cieli la tua Sapenza, discenda in terra il nostro Salvatore. (si legge il testo dell’invocazione alla Sapienza)

(orazione) Poi tutti si alzano e il sacerdote conclude con l’orazione: O Dio grande e misericordioso. Si intende che, sia il canto iniziale del Rorate, come l’Invocazione alla divina Sapienza, costituiscono l’identità stessa della Statio e non ammettono la loro sostituzione con altri testi.

 Dio grande e misericordioso, fa’ che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel  cammino verso il tuo Figlio, ma la sapienza che viene dal cielo ci guidi alla comunione con il Cristo, nostro salvatore. Egli è Dio e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

                (MR, colletta della II dom. di Avvento).

 

VII    I riti conclusivi della Statio

I riti di congedo sono brevi, ma offrono un elemento di valore che intende tener desta la vigilanza del popolo di Dio nell’attesa del Signore.

(capitolo) Si tratta della frase evangelica che invita a mantenersi svegli nelle quattro veglie notturne per essere pronti all’arrivo dello Sposo:

 Vigilate, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte  o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all’improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate! (Mc 13, 35-36)

 In qualche modo le quattro Statio rappresentano le quattro veglie nella notte simbolica del tempo di Avvento, che prelude il sorgere del Sole di giustizia.

(responsorio) Segue poi un responsorio eseguito in modo dialogico tra due solisti e il coro composto su Isaia 21, 11-12.

Il primo solista canta: Sentinella quanto resta della notte?; risponde il secondo solista con una breve risposta diversa per ogni Statio (si leggono i quattro versetti relativi); conclude il coro col versetto: Viene il mattino: pregate, convertitevi, venite.

L’immagine della sentinella, interpellata ripetutamente nello scorrere delle ore notturne, è singolare per creare quel clima di attesa e di commozione mistica, che caratterizza l’Avvento anche per le sue lunghe notti invernali.

La sentinella risponde con inviti sempre più insistenti per sostenere la speranza del popolo che invoca.

Nel suo pressante invito: Pregate, convertitevi, venite, vi è tutto l’impegno ascetico e spirituale dell’Avvento: la preghiera, la conversione dal peccato alla grazia, l’interesse per le cose di Dio, che, soprattutto in questo tempo, ci deve muovere sollecitamente verso di Lui.

(benedizione e congedo) Impartita la triplice benedizione, prevista per il tempo di Avvento, si dà il congedo, che in realtà è un invito alla perseveranza secondo il monito della lettera agli Ebrei: Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire, verrà e non tarderà. Il mio giusto vivrà mediante la fede;ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui (Eb 10, 38).

Per questo il sacerdote o il diacono congeda con queste parole:

            Perseverate, e vedrete su di voi la luce del Signore,

alle quali tutti acclamano:

            Beato chi è pronto per andargli incontro.

(Dalla Lit. delle Ore di Avvento).

(Sub tuum praesidium)L’antifona mariana Sub tuum praesidium conclude la celebrazione. L’antifona è particolarmente adatta per il tempo di Avvento, sia per la sua antichità, sia per il titolo di Madre di Dio (Theotokos), che onora Maria SS., soprattutto nel tempo in cui porta nel suo grembo verginale il Verbo incarnato nell’attesa di darlo alla luce, sia per quell’invocazione accorata dei figli che cercano rifugio sotto il manto della Madre nei momenti dei pericoli e nella morsa della prova.

Il tempo di Avvento è infatti un tempo di prova e di austerità nel quale i cristiani sono chiamati all’agone spirituale contro il potere delle tenebre per preparare a Cristo un cuore ben disposto e un popolo esultante.

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