L’IDENTITÀ DELLA LITURGIA


A CURA DELLA REDAZIONE

 

Qual è allora lo scopo della liturgia? E’ quello dell’adorazione. All’uomo che si prostra con umiltà davanti alla divina Maestà Dio risponde con la santificazione della sua creatura: due movimenti ascendente e discendente che non possono mai mancare e devono comporsi nel dovuto equilibrio. Nella liturgia domina l’orientamento di tutti ad Patrem e in essa il rapporto reciproco tra i fratelli non è mai diretto (faccia a faccia), ma laterale: insieme, ma rivolti al Signore con lo sguardo a Lui, nel canto della sua lode, nell’ascolto della sua parola, nell’adesione al suo Sacrificio.

Ogni altra attività invece si relaziona in modo diretto con gli altri, con le cose e le infinite vicende della vita profana, pur sempre nell’orizzonte religioso attinto dall’orazione.

Non è parte quindi della liturgia l’intera attività pastorale che si svolge nel mondo e inerisce alle cangianti situazioni della vita. Anzi per celebrare degnamente il culto santo si deve uscire dalla mobilità e materialità dell’affanno quotidiano per entrare al cospetto di Dio e conversare cuore a cuore con Lui. Da questa estraneazione ne nasce una potente carica caritativa che poi trasforma il mondo. Nel contesto odierno però il ritiro sul monte per celebrare la liturgia non è compreso e si pretende di cogliere il mistero nel tumulto della vita e nel grigiore del quotidiano nei quali però il mistero è svilito e silenziato. Non è possibile non distinguere i due ambiti, come tutta la storia della salvezza testimonia: il ritiro sul monte per la liturgia è condizione indispensabile per trasformare la realtà e dare vigore ed efficacia ad ogni opera umanitaria. La confusione degli ambienti e l’inquinamento dell’azione sacra con la profana non produce alcun frutto di vita spirituale, ma semplicemente la secolarizzazione della fede e la mondanizzazione della Chiesa.

Occorre allora attraversare la soglia per accedere al santuario lasciando fuori il mondo e poi riuscire da quella soglia colmi della grazia dell’Onnipotente per trasfigurare il mondo. Quella soglia oggi è rimossa e l’adorazione è distrutta dal rumore del mondo che estingue il silenzio nel quale si ode la voce di Dio. Vi è un singolare e violento andirivieni in cui il mondo ha invaso il recinto sacro, ma non per accedere al sacro ma per estinguerlo e non ascoltarne più la voce.

Per questo Dio stabilì fin dall’antichità le norme per la costruzione del santuario e per la degna celebrazione del culto a Lui. Il Verbo incarnato poi, nei giorni della sua vita terrena (Eb 5,7), ci diede esempio di silenzio e di ritiro per stare col Padre, oltre che di fedele osservanza delle leggi cultuali già da Lui comandate fin dall’antica Alleanza.

 

Qual è allora lo scopo della liturgia?  E’ quello dell’adorazione. All’uomo che si prostra con umiltà davanti alla divina Maestà Dio risponde con la santificazione della sua creatura: due movimenti ascendente e discendente che non possono mai mancare e devono comporsi nel dovuto equilibrio.

Inoltre il concetto tanto conclamato di activa participatio si deve intendere nel modo giusto, ossia disporre, attraverso i riti e le preci – per ritus et preces (SC48) – stabilite dalla Chiesa, l’intera assemblea liturgica e al suo interno i singoli fedeli, ad un profondo ed autentico orientamento interiore ed esteriore verso Dio e il suo mistero. Ogni elemento che non dovesse assecondare questo orientamento essenziale, anche se introdotto in nome della partecipazione attiva, produce l’effetto contrario: la distrazione da Dio e dal suo mistero. Un sintomo eloquente di vera partecipazione attiva nella liturgia lo si riscontra con certezza allorquando al termine della celebrazione l’assemblea rimane spontaneamente in silenzio e in atteggiamento di venerazione e devozione. Quando, invece irrompe immediatamente il movimento convulso, le chiacchiere e magari gli applausi vi è il sintomo evidente che la liturgia si è svolta nella dissipazione senza aver realizzato alcun effettivo orientamento al mistero, ossia ha fallito proprio nella sua finalità più specifica.

 

Quando, invece irrompe immediatamente il movimento convulso, le chiacchiere e magari gli applausi vi è il sintomo evidente che la liturgia si è svolta nella dissipazione senza aver realizzato alcun effettivo orientamento al mistero, ossia ha fallito proprio nella sua finalità più specifica.

 

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