L’ALTARE NEI RITI DI ‘OFFERTORIO’

A cura della Redazione   –    27 aprile 2018

Nella nostra chiesa, terminata la Messa, si toglie la tovaglia dell’altare, che rimane sempre spoglio. All’offertorio della messa domenicale si porta la tovaglia, le candele, i fiori, le coppe, il calice,le ampolline e il messale. E’ possibile? Perché non si fa così anche altrove?

La domanda contiene due problematiche: l’altare sempre spoglio fuori della celebrazione e la vestizione dell’altare nel rito della preparazione dei doni.

Certamente nella storia della liturgia si ritrovano anche queste due modalità, soprattutto nell’epoca antica. Quando, ad esempio l’altare era ancora di legno veniva introdotto, posto davanti all’assemblea liturgica e rivestito con la tovaglia proprio nei riti offertoriali; poi era rimosso. Il suo rimanere nobilmente spoglio, a celebrazione terminata, perdurò anche quando si ebbe l’altare fisso e monumentale. Attualmente la vestizione solenne dell’altare, portandovi la tovaglia, i candelieri e la croce, è ritualmente prevista nel rito della Dedicazione dell’altare, quando il medesimo deve prima essere asperso con l’acqua benedetta, unto col Crisma e poi rivestito e inaugurato. Stabiliti questi elementi storici e liturgici, si deve considerare come agire oggi in proposito. 

La liturgia si deve celebrare così come l’attuale disciplina della Chiesa prevede. Infatti è la Chiesa il soggetto e la ‘proprietaria’ della liturgia. Da ciò si deve escludere che i privati, singoli o gruppi, dispongano arbitrariamente delle leggi liturgiche. La comunità locale si inserisce in un azione di culto, la liturgia, che la supera ed è più grande delle esigenze locali dell’assemblea convocata a celebrare. Si tratta di entrare in atti che sono, a diverso titolo, di Cristo e della Chiesa in quanto tale, ed è appunto in questo universale orizzonte che la liturgia emerge in dignità ed efficacia su qualsiasi altro atto di culto personale e soggettivo. Su questa base teologica indispensabile è possibile comprendere e accettare di celebrare in modo conforme a riti stabiliti e definiti dalla Chiesa. Non sono infatti gli atti nostri che ci salvano, ma quelli di Cristo e della Chiesa a noi offerti per purificare ed elevare un culto personale che da solo non avrebbe alcuna possibilità di penetrare nei cieli e di ottenerci la salvezza. Questo vale non solo per la sostanza degli atti sacramentali, ma per tutto il complesso rituale della liturgia, in quanto tutto l’insieme ha come soggetto Cristo e la sua Chiesa.

Su questa base teologica essenziale, oggi largamente disattesa, possiamo delineare la domanda posta.

Nei riti della presentazione dei doni non si parla di preparazione dell’altare, ma di disposizione sulla mensa delle oblate. In tal senso si esprimono le rubriche del Messale e la Congregazione per il culto divino si è pure ufficialmente pronunziata:

CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Risposta al dubbio Utrum in offertorio circa i doni che si possono portare all’altare, 31 ottobre 1999, in Enchiridion Vaticanum, vol. 18, n. 1727: Nell’offertorio, alla processione dei doni, si possono portare all’altare le tovaglie per il medesimo e i candelieri? R. No.

Quanto alla preparazione della celebrazione, l’istruzione Principi e norme per l’uso del Messale romano (n. 79) stabilisce quanto segue: “L’altare sia ricoperto da almeno una tovaglia. Sull’altare, o vicino ad esso, si pongano almeno due, anche quattro, o sei candelieri con i ceri accesi; se celebra il vescovo della diocesi, i candelieri saranno sette”. Se ne deduce che questi preparativi non si devono differire all’offertorio.

All’offertorio (cf. il n. 49 della medesima istruzione) “Si prepara anzitutto l’altare, o mensa del Signore, che è il centro di tutta la liturgia eucaristica, ponendovi sopra il corporale, il purificatoio, il messale e il calice, a meno che quest’ultimo non si prepari alla credenza. Poi si portano le offerte: è raccomandabile che siano i fedeli stessi a presentare il pane e il vino; il sacerdote, o il diacono, li riceve nel luogo opportuno, e li depone sull’altare, recitando le formule prescritte”. Si noti che qui nulla si dice della tovaglia da stendere.

Si fa presente che soltanto nella celebrazione del Venerdì della Settimana santa l’altare, in via eccezionale, deve essere senza ornamenti all’inizio della celebrazione (cf. Messale Romano, Venerdì nella Passione del Signore, n. 2): “L’altare sia completamente spoglio: senza croce, senza candelieri, senza tovaglie”. Dopo l’adorazione della croce, “sull’altare viene stesa la tovaglia, e viene posto il corporale e il libro (ivi, n. 21).

La cosa è comprensibile: infatti l’altare significa la presidenza di Cristo in tutto l’arco della celebrazione, dai riti di inizio a quelli di congedo. Non avrebbe senso venerare l’altare con l’incensazione durante il canto introitale se esso si presentasse privo delle sue insegne. Ogni rito si svolge totalmente sotto la presidenza dell’altare e anche quando si volge lo sguardo all’ambone e alla sede, non deve mai eclissarsi la centralità dell’altare ‘icona’ di Cristo presente e agente. L’altare, infatti, è il solo dei tre luoghi celebrativi ad essere consacrato e costituisce in tal senso un ‘sacramentale’.

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